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Dopo essere stato nominato da Benito Mussolini Messaggero di italianità il giovane ufficiale Francesco De Pinedo prende spunto dall’impresa compiuta nel 1920 da Arturo Ferrarin e Guido Masiero, che raggiunsero Tokyo per via aerea partendo da Roma, per organizzare una trasvolata ben più impegnativa.
Di estrazione marinara, De Pinedo ritiene che per superare grandi distanze si debba ricorrere, a differenza dei pionieri dell’aviazione che l’hanno preceduto, agli idrovolanti.
A differenza del carattere esuberante dei suoi contemporanei, De Pinedo è schivo, poco incline alla mondanità e nel contempo meticoloso nella pianificazione delle trasvolate.
Così nel 1925 parte in solitaria insieme al motorista Ernesto Campanelli (1891-1944) con un idrovolante biplano di scopo militare SIAI S. 16 Ter, privo di carrello terrestre, ribattezzato Gennariello dal nome del santo protettore di Napoli, con l’obiettivo di raggiungere l’Australia e ritornare in Italia passando da Tokyo. I due aviatori effettuano così un’impresa eccezionale per quei tempi, volando per 370 ore su tre continenti, percorrendo 55000 km prevalentemente sul mare o seguendo il corso di grandi fiumi, sorvolando il Golfo Persico, facendo scalo in India e circumnavigando l’Australia.
Era una sfida gettata allo spazio: avevo innanzi a me circa 55.000 chilometri da percorrere, ed i mezzi erano tutti lì: uno scafo di legno, pochi metri quadrati di tela, un motore pulsante, un’elica invisibile nella sua vorticosa rotazione, e sopra tutto la volontà di riuscire.
Esaurito