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In morte degli italiani

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Siamo certi di sapere tutto sulla fine di Mussolini? Perché abortì il colpo di Stato “Borghese”? Pasolini ed Evola: chi dei due
può essere considerato un “cattivo maestro”?
In morte degli Italiani (una serie di racconti autonomi, ma non separati) propone alcune ipotesi – più che pretendere di dare risposte – affrontando varie tematiche di tipo politico- sociologico: il predominio del pensiero unico, il superamento delle ideologie da parte dei loro stessi sostenitori, un sistema elettorale che permetta una migliore rappresentanza popolare…
Il filo conduttore che le attraversa è la molteplicità di interpretazioni che partono da un ricordo d’infanzia dell’io narrante, emblema della difficoltà di dare un giudizio oggettivo sulla “Storia”, sia essa rappresentata da un episodio di cronaca nera come il massacro del Circeo, o dalle operazioni del Mossad, o dagli ultimi giorni del Duce, o dai delitti di un omicida seriale “specializzato” in politici e amministratori corrotti.
Forse è impossibile raggiungere una verità; di certo, è impossibilità fidarsi di quelle “ufficiali” imposte, il più delle volte, dalla ragion di stato o dalla ragion di stampa.

Non sono Americani, sono Inglesi, e se ho capito bene quello che hanno detto, mi stanno portando da Churchill in persona! Ho riconosciuto quel nome, in mezzo a una babele di suoni. Benissimo, così si chiarirà ogni cosa, una volta per tutte. Quel panzone inglese mi riconoscerà, o meglio non mi riconoscerà, e così capirà che sono solo un sosia. Ma perché andiamo sul retro? La jeep con cui sono venuti sta dall’altra parte! Stanno parlando fitto tra loro, non intendo una parola e non rispondono alle mie domande. Ho detto non so quante volte – meglio non aspettare di essere davanti a Churchill – che non sono quello che cercano, ma non mi danno proprio retta. Forse non capiscono l’italiano. Riesco ad intendere due sole parole, nel profluvio del loro discorso, «Mussolini» e «shot, shot».

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