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Con “Don Chisciotte e il nostro tempo” che Idrovolante propone per la prima volta in lingua italiana, Ramiro Ledesma Ramos, poco meno che ventenne all’epoca in cui scrisse l’opera, sognava di far risorgere la Spagna riempiendola della brezza ortale di Don Chisciotte, che, cavalcando Ronzinante, porta in dote alle persone la gioia della vita e del bene come fosse per lui una crociata, scagliando strali di luce in un mondo dove regnano le ombre. Quella di Ramos Ledesma, nell’analisi e nella considerazione del Cavaliere errante, è una apologia della gioventù intesa come condizione umana in cui l’ardore e il coraggio possono e devono spingere a compiere azioni che potrebbero essere considerate folli ma solo da chi il vigore della giovinezza l’ha ormai perduto. Ramos Ledesma, provvede così a rovesciare totalmente l’assunto di base del Grande Libro, asserendo che Don Chisciotte non sia affatto pazzo, ma che al contrario senza quelle prerogative che lo resero Cavaliere errante sarebbe solo un ordinario hidalgo come tutti gli altri. Un monito alle giovani generazioni a non accettare supinamente una attualità piena di ingiustizie. A costo di rischiare di subire lo stigma sociale.
Affermo che le parole decadenza e agonia saranno, tra qualche secolo, a capo dei capitoli dedicati allo studio di ciò che è stato creato durante il primo quarto del XX secolo. E i giovani, invece di sentire il peso di quella decadenza e gli spasimi di morte di quell’agonia, dovrebbero rallegrarsi, dovrebbero assistere con gioia all’ultimo ciclo, un ciclo di morte, di scomparsa, per lasciare il posto, creandolo, a un altro ciclo: quello della rinascita.